By Cristina
Se vi capita di visitare Bologna non dimenticatevi di fare un giro tra i vicoli dell’antico ghetto ebraico, situato nel centro medievale della città a pochi passi dalle due torri, un luogo che racconta ancora oggi la storia della comunità ebraica vissuta a Bologna ed in Emilia Romagna nei secoli scorsi. Per valorizzare e rendere più accessibile ai visitatori questo quartiere sono stati predisposti dei cartelli con le indicazioni di tutti i luoghi da visitare.

L’ex ghetto era una zona circoscritta. Se si traccia una riga sulle strade che delimitavano il quartiere si vede che assomiglia ad una mano. Nel 2015 l’ex Ghetto Ebraico è stato inserito in un progetto di rivalutazione urbana, promosso dal Comune di Bologna, per promuovere il commercio, rivalorizzare alcune aree del centro storico ma soprattutto per sensibilizzare le persone al rispetto dei luoghi. Il simbolo scelto per questo progetto erano delle formelle in porcellana a forma di mano aperta, la rappresentazione ebraica della “Mano di Miriam“, collegata ai cinque libri della Torah. Queste formelle sono state posizionate sulle facciate degli edifici ma non solo, questo simbolo è stato stampato su diversi materiali (borse, adesivi, sottobicchieri, ecc) e sulle vetrofanie dei negozi come simbolo per ricordare che in questi luoghi, erano presenti delle botteghe dove si producevano oggetti fatti a mano, un artigianato di qualità.

Gli ingressi al quartiere erano tre, tutti erano costantemente sorvegliati e delimitati da cancelli che venivano aperti all’alba e richiusi al tramonto: un ingresso si trovava all’inizio di via de’ Giudei, il secondo in via Oberdan e l’ultimo tra via del Carro e via Zamboni.
Un po’ di storia
Già nel ‘400 a Bologna era presente un importante centro di studi ebraici ed erano presenti in città diverse tipografie dove venivano stampati i libri sacri.
Nel 1488 all’Università cittadina fu istituita una cattedra di ebraismo e nel corso del XVI secolo fu aperta una scuola di studi talmudici. Nello stesso periodo assunsero una notevole importanza i banchi feneratizi (prestito su pegno), che operavano nell’attuale piazza delle Mercanzia.
La decadenza della comunità iniziò dal 1417 quando gli ebrei furono costretti ad indossare dei segni distintivi (per gli uomini una rotella gialla sul petto e per le donne un velo giallo, lo stesso velo indossato dalle prostitute).
Nel 1556, per volere di Papa Paolo IV, gli ebrei furono separati dalla popolazione e rinchiusi in questa zona delimitata di Bologna. Qui vi rimasero fino al 1569 quando furono espulsi una prima volta, per poi tornare nel 1586; ma la loro permanenza durò solo alcuni anni, infatti nel 1593 furono nuovamente mandati via non permettendo per oltre due secoli a nessun gruppo ebraico di vivere in città. La comunità ebraica tornerà a Bologna solo alla fine dell’Ottocento in epoca napoleonica quando il Direttorio riconobbe agi ebrei gli stessi diritti dei cittadini anche se solo con l’unificazione d’Italia gli ebrei furono riconosciuti come cittadini italiani.
Il mio percorso per la visita dell’ex ghetto.
Come anticipato gli accessi all’ex ghetto erano tre, io ho iniziato il mio percorso da Via Zamboni, dove al civico 14 si trova Palazzo Manzoli-Malvasia. Sopra al voltone che collega la chiesa di San Donato all’antico palazzo Manzoli, è posizionato un mascherone. Si dice che da qui i proprietari del palazzo, in occasione di eventi speciali per la famiglia, versassero fiumi di vino al popolo.


Passati oltre alla volta si entra in quello che era il ghetto ebraico.
Svoltando a destra in fondo a Via Valdonica, si trova il Museo Ebraico (via Valdonica, 1/5), inaugurato il 9 maggio 1999, è stato istituito allo scopo di studiare, conservare, far conoscere e valorizzare il patrimonio culturale ebraico di Bologna e di altre località dell’Emilia Romagna.

E’ il luogo ideale dove è possibile ripercorrere la storia del popolo ebraico attraverso gli strumenti comunicativi e le testimonianze pervenute da sinagoghe, cimiteri, ex ghetti.
Proseguendo per Via del Carro, percorrendo le strette strade attorniate da portici, si giunge in Piazzetta Marco Biagi, una piccola piazza intitolata il 22 novembre del 2002 al Professor Marco Biagi, il giuslavorista ucciso dalle Nuove Brigate Rosse mentre rientrava alla sua abitazione.



Da qui inizia Via dell’Inferno, la strada principale del ghetto e anche la più caratteristica, le case, i portici, la street art, tutto ciò che circonda questa strada contribuisce a rendere il luogo particolarmente caratteristico.




L’origine del nome, Via dell’Inferno, potrebbe derivare dal fatto che la strada, lunga e stretta, era sede di botteghe di fabbri ferrai i quali, lavorando col fuoco, rievocavano le fiamme dell’inferno.
Al numero 16 era situata la sinagoga del ghetto in uso fino al 1569, quando gli ebrei furono cacciati da Bologna. Oggi sull’edificio è stata collocata una lapide a ricordo delle vicende della comunità ebraica bolognese nei secoli XV e XVI.


Proseguendo per Via dell’Inferno, all’angolo con Via Giobbe, si incontra una statua mariana protetta da una piccola tettoia a forma di conchiglia e poggiante i piedi su un basamento ornato da cornucopie.

Da piazzetta Marco Biagi, facendo una piccola deviazione, si giunge in Piazza San Martino.


Nel piazzale più grande sorge la Chiesa di San Martino e nella piazza antistante è posta una colonna sopra alla quale si trova la statua della Madonna del Carmine di Andrea Ferreri.


Ci troviamo su Via Oberdan e proseguendo verso Via Rizzoli, si giunge in Vicolo Mandria, uno degli accessi al ghetto, dove si trova la Torre degli Uguzzoni (vicolo Mandria, 1). La torre è alta 32 metri, ha una base rivestita di blocchi di selenite. Sul basamento si apre l’antica porta, con un architrave in selenite, sormontata da due finestre, una ad arco tondo sulla sinistra e un’altra più centrale.


Da qui si giunge in Via de’ Giudei, il cui nome fa presuppore che ancora prima della creazione del ghetto in questo luogo erano presenti famiglie ebree. La strada è stretta, un tempo era un luogo dove mercanti e banchieri esercitavano le loro professioni.
Il mio percorso finisce in Piazza di Porta Ravegnana dove alzando gli occhi, si intravedono tra i vicoli le due torri, simbolo di Bologna

Purtroppo vista l’emergenza in atto non sono riuscita a visitare il museo, appena sarà possibile andrò a visitarlo, come anche la nuova Sinagoga. Perciò a presto per gli aggiornamenti.
Nel frattempo lascio alcuni link utili per approfondire l’argomento.
https://www.museoebraicobo.it/museo/percorso-ebraico-a-Bologna/il-ghetto
https://www.comunitaebraicabologna.it/it/bologna-ebraica/ghetto-ebraico/1292-il-ghetto-ebraico-di-bologna
https://www.museoebraicobo.it/
è veramente un posto molto particolare.
forse influenzato dalla serata in cui ci sono stato, decisamente particolare, mi è sembrato di sentire un’aria molto, molto strana.
ci tornerò di sicuro con molta calma.
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In effetti è un luogo da visitare con tranquillità. Grazie!
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