Quando si dice “il mondo è piccolo” è proprio vero.
Alcuni anni fa, quando lavoravo a Bazzano, ai bambini della scuola primaria era stato presentato uno spettacolo di giocoleria, l’interprete era un “personaggio” biondo con tanti ricci, simpatico, capace, con le sue acrobazie e i suoi modi, di attirare l’attenzione dei bambini.
Ora lavoro a Bologna nel liceo Laura Bassi e il “personaggio” l’ho nuovamente incontrato nelle vesti di professore di matematica e fisica. Questa sua poliedricità mi ha colpito ed è per questo motivo che gli ho chiesto se voleva rilasciarmi un’intervista. I prossimi 10 minuti sono tutti per lui… FEDERICO BENUZZI.

D: Ho letto che ti definisci professore, conferenziere, presentatore, giocoliere, attore e soprattutto “ami” fare tutte queste cose. Raccontami un po’ …
R: Credo che uno dei motivi principali risieda in un evento di quando ero bambino; avevo 4 anni e mezzo e passeggiavo con i miei genitori, è un ricordo che ho dai loro racconti, ad un certo punto mi hanno perso e disperati mi cercarono ovunque. Lungo la passeggiata, dentro ad un albergo, c’era un animatore che stava mettendo in scena una rappresentazione per bambini e nella rappresentazione serviva un leone, mi ha visto passare e disse “ecco il mio leone” io andai sul palco a ruggire, mentre i miei mi cercavano disperati. Direi che un po’ esibizionista sono sempre stato e credo che la cosa che hanno in comune questi mestieri sia questa caratteristica e ritengo sia una necessità per fare questo tipo di lavoro. Parallelamente a questo è nato il desiderio di una via di mezzo tra divulgare ed educare, perché i lavori che porto in giro hanno questa accezione per cui tutto ciò che sto facendo, anche la parte di recitazione, è stata fatta nell’ottica di fare meglio il lavoro di insegnante, meglio il lavoro di giocoliere in quanto sono attività molto intrecciate.
D: navigando sul tuo sito mi ha colpito questa frase “il buon insegnamento è per un quarto preparazione e tre quarti teatro” (Galileo Galilei).
R: quattro anni fa Piergiorgio Odifreddi mi ha consigliato di fare seriamente questo per lavoro, cioè divulgazione; perciò è arrivato il desiderio di lavorarci, ho preso il part time, ho iniziato a cercare materiale e ho iniziato a scrivere nuovi lavori e a proporli. L’unico modo oggi di farli girare è avere un sito. Mi sono rivolto a qualcuno che lo fa in modo professione e mi ha consigliato di scegliere una frase che rimane impressa quando apri il sito. Quindi mi sono immerso in vecchie letture ho trovato un libro di aforismi e ho trovato questa frase; Galileo è uno scienziato, grande divulgatore, parla di teatro; sembrava una frase fatta ad hoc per me. Inoltre sottolinea quello che dicevo prima che insegnamento e il teatro, sono tutto sommato lavori molto vicini
D: Tu fai divulgazione, hai pubblicato libri e fai teatro; per quanto riguarda la divulgazione hai diverse proposte in atto.
R: si, la prima è “Fisica sognante” che in realtà è nata un po’ per sbaglio, unendo i miei due mondi, l’insegnamento e la giocoleria. Un’amica mi ha detto di provare e ho provato; mi sono esibito davanti ad un convegno di insegnanti di fisica che mi hanno richiamato nelle loro scuole e da cosa nasce cosa. Gli altri lavori sono nati in un secondo momento, molto tempo dopo; da un lato anche per l’esigenza di affrancarmi dalla sola giocoleria o dallo spettacolo di “fisica sognante” in quanto tale. Cominciava a girare il mio nome associato solo a questo lavoro; bellissimo perché il prodotto è mio, i testi sono miei, la giocoleria e le idee sono miei studi, però mi stava stretto il fatto che mi identificassero solo con questo. E quindi l’idea di lavorare anche su altro, come ad esempio il lavoro sulla relatività, ci ho fatto sopra la tesi. L’ho ripescato, l’ho modificato, ho studiato, c’è poco da fare, per fare questo lavoro occorre studiare. La cosa bella è che tutti questi lavori, per esempio “il gioco d’azzardo”, sono conferenze che porto anche nelle scuole, sono educazione, sono a livello motivazionale, in classe le utilizzo tantissimo. Per esempio il mio percorso di probabilità e statistica coi ragazzi oggi è tutto centrato sul lavoro di ricerca che ho fatto sul gioco d’azzardo.
D: inoltre hai pubblicato alcuni libri
R: si alcune pubblicazione. La prima me l’hanno chiesta; l’ho fatto un po’ per gioco, è un e-book che insegna a fare giocoleria in modo più o meno simpatico, “Giocolieri si diventa”. Io credo poco negli e-book, mi piace sfogliare i libri tenerli in mano. Però le pubblicazioni fanno curriculum, comunque è stato un esperimento. L’altro libro è stato un parto, mio personale, dovuto all’esigenza, dopo tanti anni che portavo in giro questa conferenza/spettacolo, di mettere per iscritto le cose che avevo incontrato lungo il cammino, l’esigenza di condividere, esigenza molto forte. L’ho scritta in maniera molto personale ci sono tanti spunti su cui lavorare, per gli insegnati ma non solo, ma è nata principalmente per una mia esigenza. Ho avuto la fortuna di farlo leggere ad alcune persone che lo hanno trovato interessante e tra le varie proposte che ho avuto ho deciso di farlo pubblicare ad A.I.F., che è l’Associazione per Insegnamento della Fisica. È vero che in questo modo non lo trovi in libreria, però 2000 insegnanti di Italia interessati hanno ricevuto a casa il libro, per me è stata una forma di pubblicità mirata.
D: tu fai anche teatro; hai scritto “a volte mi chiedo come ho fatto a vivere sino ai 30 anni senza fare teatro…è per me un impegno, respiro, vita”
R: sembra esagerato. Io credo che il teatro sia da incontrare al momento giusto. Magari se lo avessi incontrato 10 anni prima non avrebbe avuto lo stesso effetto su di me. Uno deve essere maturo per fare certi tipi di lavori. Apro una parentesi. Io ho dei colleghi a cui invidio tantissimo la cultura che hanno, però li ho visti lavorare e quando li senti parlare, usano sempre la stessa cadenza e modi di parlare che, no, non funziona e anche soltanto lavorare sullo strumento, la voce, il corpo, in classe vuole dire molto. A parte questo ho avuto la fortuna di fare l’accademia di teatro, dove lavoravamo tutti i giorni, 5 ore al giorno per 2 anni, dal lunedì al venerdì; quindi andavo a scuola passavo il pomeriggio a correggere compiti e fare altro poi dalle 6 fino alle 11 di sera ero in accademia, periodo allucinante per 2 anni. Però nei sei immerso e il lavoro di ricerca su di te, di ricerca sul corpo, scoprire il neutro, capire alcune dinamiche che ti coinvolgono che poi si riflettono sugli altri, è stato bellissimo. Belli i lavori sul testo, di riflessione sui personaggi; ho dei momenti, anche dopo l’accademia, che mi manca tantissimo, in cui sento ancora l’esigenza di fare prove, di fare un lavoro di ricerca, il lavoro di gruppo e poi c’è la performance e poi si va in scena.
D: parlami degli spettacoli teatrali
R: uno è uno spettacolo di cabaret, comico. Uno è un lavoro molto introspettivo che mi ha scritto un regista pensando al tipo di vita che ho io, porto in scena queste maschere, 10 personaggi (attore unico e 10 personaggi) per poi scoprire alla fine che tutte le maschere sono quelle che si indossano nella vita. L’ultimo spettacolo che andrà in scena il 1 giugno, si chiama “Gentlemen”. È un lavoro che parla di ciò che c’è di bello negli uomini e parla alle donne; a volte facciamo scelte che sembrano assurde agli occhi di chi ci guarda da fuori, scelte condizionate dall’esigenza di appartenere. È un lavoro teatrale puro.
D: so che sei stato in Africa che tipo di esperienza hai fatto?
R: Sono stato in Tanzania. Faccio volontariato da tanto tempo anche prima dei 18 anni, ho fatto il servizio civile presso l’ANFFAS, ho conosciuto tramite un insegnante dell’accademia la registra della casa dei risvegli e sono rientrato in un gruppo di teatro sociale quindi continuo a fare a livelli diversi, diciamo, volontariato. Una amica ha aperto una casa di accoglienza per ragazzi disabili in Tanzania e sono stato nel 2009, 2012 e 2015 sempre per un mese, a fare attività di …diciamo a dare dei sorrisi e in realtà ho raccolto più io di quanto posso avere portato anche dal punto di vista artistico.
D: il sorriso è fondamentale, soprattutto per i bambini. Immagino che in certe situazioni non sia facile sorridere
R: … e vedere sorridere in quella situazione a te aiuta a mettere in prospettiva quello che succede. Ma anche dal punto di vista artistico. Io ho uno spettacolo pieno di parole, parlo veramente tanto, articolo pensieri, in Tanzania non hai parola, non hai gesti, perché i tuoi gesti significano altre cose, per cui anche in questo percorso diventa interessante capire come passare il messaggio utilizzando canali che non sono tuoi.
D: i 10 minuti sono finiti, grazie mille per la tua intervista che presto troverai pubblicata sul mio blog.